Da giugno sarà in vigore il Green Pass europeo e il governo italiano ha deciso di anticipare i tempi prevedendone uno statale già da metà maggio. La proposta delle “certificazioni verdi” avanzata finora dal governo italiano con Dlg del 22/04/2021 n. 52, all’interno del cosiddetto “decreto riaperture”, ha ricevuto una ferma opposizione del Garante della privacy che ha messo in evidenza sei punti di criticità: mancata consultazione del garante, inidoneità della base giuridica, principio di minimizzazione dati, principio di esattezza, principio di trasparenza, principio di limitazione della conservazione e di integrità e riservatezza.
La stessa cosa è avvenuta a livello europeo con due organismi “European Data Protection Board” e l’ “European Data Protection Supervisor”, che in un parere congiunto evidenziano ai legislatori, che lo strumento da loro proposto per l’istituzione di un certificato europeo metterebbe a rischio diritti fondamentali per il suo possibile utilizzo per fini diversi da quelli della sicurezza sanitaria dei viaggiatori.
In sostanza, il decreto non ha una base normativa giuridica per introdurre i certificati verdi, non ne definisce in maniera chiara le finalità prevedendo un utilizzo eccessivo di dati personali, non chiarendo allo stesso tempo chi li dovrà trattare e chi risulterebbe esserne il reale possessore, rimanendo molto vago per quanto riguarda la destinazione e conservazione di questi dati dopo il tempo di utilizzo dei 6 mesi.
È oggettivo che si sta decidendo di agire ancora una volta in maniera molto poco trasparente sopratutto considerando che viviamo in un’epoca dove il traffico di dati e metadati è uno dei business principali per le grosse aziende multinazionali che operano nei settori più disparati, sempre pronte a finanziare il potere politico per avere giustificazioni legali per questi veri e propri furti. E si parla di dati sensibili di centinaia di milioni di cittadini.
Un ulteriore dubbio viene dal fatto che non si capisce su quali basi scientifiche si poggia questa operazione. Per esempio i ricercatori hanno stabilito che un vaccinato, se entra in contatto con un contagioso, sebbene non si ammali può però a sua volta diventare contagioso e trasmetterle il virus, anche se per brevi periodi di tempo ancora tutti da quantificare. Non è chiaro perciò se anche chi è vaccinato debba sottoporsi a tampone prima di viaggiare oppure se sia sufficiente la sola vaccinazione per avere il pass e varcare le frontiere. In quest’ultimo caso però, vista la mole di turisti che potranno viaggiare in tutta Europa nell’arco dell’estate, sarebbe molto preoccupante permettere di viaggiare ad una persona solo perché vaccinata, visto che finora non si è escluso del tutto che possa essere portatrice del virus: non si ammalerebbe ma potrebbe portare il virus con sé.
Se non si risponde con chiarezza a questo e altri dubbi che sono stati mossi da più parti nell’ambiente scientifico, il dubbio che questa operazione non sia legittima e risolutiva dal punto di vista sanitario è più che fondata.
A noi sembra che il governo, decidendo di non tenere in considerazione tutte le perplessità che questo decreto solleva, stia cercando solo di dare copertura legislativa ad una sorta di “liberi tutti” che non metta in pericolo gli introiti enormi che il turismo genera ogni estate.
Se così fosse ci troveremmo un’altra volta a subire scelte che con la lotta al virus hanno ben poco a che vedere, e tendono ad assecondare ancora una volta gli interessi di grandi gruppi economici legati al settore del turismo.
Quando il presidente Solinas lo scorso anno propose una sorta di pass per chi avesse voluto raggiungere Sardegna, che a quel tempo godeva di una situazione non ancora degenerata dal punto di vista della diffusione dei contagi, fu sommerso non da osservazioni e critiche di questo genere, ma dalle grida di incostituzionalità di un simile provvedimento che avrebbe negato il diritto di tutti a muoversi all’interno dello Stato. Non se ne fece niente e sappiamo tutti come finì la scorsa estate. Ma visto che ad un anno di distanza non è cambiato quasi niente, non si capisce come mai nessuno nei banchi del parlamento muova queste critiche ora che a proporlo è il governo stesso.
Esprimiamo la nostra completa contrarietà a questa operazione che non crediamo garantisca né la riservatezza dei dati personali, né la certezza della finalità del loro utilizzo, e nemmeno la sicurezza sanitaria a chi dovrà lavorare a contatto con decine di migliaia di turisti. Vogliamo che chi lavori nel comparto turistico e nell’indotto, e stiamo parlando solo in Sardegna di centinaia di migliaia di persone, abbia il diritto di poterlo fare con la maggiore sicurezza possibile. Crediamo che al posto di operazioni poco chiare debbano essere invece applicati dei protocolli che non lascino dubbi sulla reale condizione di salute (inclusa la possibile contagiosità) di ogni viaggiatore: visto che il governo ha già deciso di minimizzare i rischi di nuove ondate e ha deciso di riaprire alla mobilità, deve garantire la sicurezza ai lavoratori e a tutti i cittadini.
Per questo motivo è importante che anche la Sardegna acceleri con le vaccinazioni e si applichino rigorosissimi controlli in ogni porto e aeroporto per evitare di trovarci, a stagione conclusa, nelle situazione che abbiamo già vissuto l’anno scorso e che potrebbe costarci ulteriori e devastanti sacrifici.
Liberu – Lìberos Rispetados Uguales