Negli ultimi anni sono numerose le iniziative, le lotte che Liberu ha portato avanti contro lo sfruttamento della nostra terra e della nostra gente che è avvenuto e tuttora avviene in diverse forme. Pensiamo all’industrializzazione perlopiù fallimentare e devastante, alle decine miniere sfruttate in passato e chi più ne ha più ne metta. L’elenco è lungo, ma la domanda che ci si pone è: quali sono le alternative?

Prendiamo per esempio il territorio del Sulcis-Iglesiente. Un territorio che ha visto e che ancora oggi vede di tutto: industria, attività estrattive, basi militari e la RWM, la fabbrica di bombe. Qual è stato il risultato di queste politiche di sfruttamento nel tempo? Bisogna essere obiettivi: disastroso, un alto tasso di disoccupazione (qui alcuni dati),  livelli di inquinamento sopra ogni limite e spopolamento.

Una buona parte del Sulcis-Iglesiente è occupata da aree minerarie dismesse e dalle relative discariche che, risalendo ormai al secolo scorso, contengono ancora un’alta concentrazione di metalli pesanti, per via delle ormai vecchie tecniche di estrazione. Che ci piaccia o no, il problema delle discariche minerarie (e non solo minerarie) va risolto, sia perché non è giusto che la gente viva praticamente in mezzo alle discariche (è sufficiente guardare su Google Maps dove è situata Iglesias), sia perché siamo tenuti a rispettare i limiti di inquinamento dettati dalle direttive europee (vedi ad esempio Water Framework Directive per quanto riguarda le acque). Senza stare a citare grossi numeri o statistiche, è sufficiente percorrere la statale 126 e passare di fianco ai famosi Fanghi Rossi di Monteponi e alla discarica di Campo Pisano, o, spostandosi un po’ più a nord, nella strada che da Ingurtosu porta alle bellissime dune di Piscinas, per capire che poco, per non dire quasi nulla, è stato fatto sul fronte delle bonifiche minerarie. Gli stessi esempi si potrebbero fare per il Sarrabus-Gerrei e per le tante altre miniere sparse in Sardegna.

Con milioni e milioni di metri cubi di discariche abbiamo tanto, tantissimo lavoro da fare. Le bonifiche minerarie sono un’alternativa valida per diversi motivi.

Lo sono perché, volenti o nolenti, siamo obbligati a farle.

Lo sono perché, applicando le tecnologie di estrazione più moderne, potrebbero avere anche un significativo ritorno economico, per via dell’ alta concentrazione di metalli, quali Zinco e Piombo, ancora estraibili da queste enormi discariche.

Lo sono perché migliorerebbero la salubrità dell’ambiente e quindi la salute delle popolazioni che vivono in quelle (e in altre) aree.

Lo sono perché abbiamo bisogno di terreni puliti per far rinascere le nostre vere attività: l’agricoltura, l’allevamento e, non ultima in questo territorio, la pesca.

Lo sono, o quantomeno lo sarebbero, ancora di più se venisse effettivamente applicato il principio per il quale “chi inquina paga”, scaricando parte dei costi sugli effettivi responsabili.

Ovviamente c’è una società adibita a questo compito (IGEA), ci sono diversi studi interessanti, diverse attività e diverse persone che già lavorano su questo fronte, ma tutto sembra stagnare a livello di ricerca e qualche sperimentazione o qualche messa in sicurezza delle discariche qua e là, da tanti, troppi anni.

Liberu ha sempre lavorato per la difesa del territorio e sostiene che un vero sistema di bonifica e recupero delle aree minerarie e industriali, attivo e produttivo, portato avanti in maniera diffusa e con l’intenzione di effettuare davvero un risanamento su tutti i fronti, ambientale, occupazionale, economico, costituisca un punto di partenza fondamentale e un’alternativa possibile per favorire la rinascita della nostra terra.