La vicenda dell’aumento dei costi per gli autotrasportatori potrebbe segnare un passaggio di non ritorno nelle politiche di monopolio italiano del trasporto marittimo in Sardegna.
Dal 1 gennaio infatti entrerà in vigore il regolamento europeo che punta ad una riduzione dell’abbattimento delle emissioni di zolfo derivate dal gasolio. Secondo l’Ispra, le attività navali sono responsabili del 96% dell’emissione degli ossidi di zolfo di tutto il mondo dei trasporti. Per questo le compagnie di navigazione che collegano la Sardegna con l’Italia (Grimaldi, Moby, Tirrenia, Gnv) tra meno di un mese devono adeguarsi alla normativa e ridurre le emissioni, passando dall’attuale 3,5% di contenuto di zolfo nel carburante ad un massimo di 0,5.
Le compagnie hanno quindi tre possibilità per abbattere le emissioni: la prima è quella di convertire i motori al GNL (gas naturale liquefatto). La seconda è quella di utilizzare dei filtri che purificano gli scarichi. La terza è quella di utilizzare un carburante con basso tenore di zolfo, ma che è molto più costoso.
La compagnie hanno scartato le prime due ipotesi, optando per l’utilizzo del costosissimo carburante con basso tenore di zolfo. Per ammortizzare le spese del costo del carburante, la soluzione è presto trovata: scaricare il rincaro sui clienti. Perciò da gennaio 2020 le tariffe del trasporto merci subiranno aumenti fino al 25 per cento.
Pare proprio che le compagnie di navigazione non siano nemmeno interessate ai discorsi miracolistici della politica regionale, che in piena isteria attribuisce al metanodotto la risoluzione di ogni problema anche di trasporto. Semplicemente al metano non sono interessate nemmeno loro, che pure servono la Sardegna in regime di monopolio. Preferiscono molto più sbrigativamente comprare il costosissimo gasolio depurato e scaricare le spese sui lavoratori sardi.
Questa decisione non ha suscitato alcun commento nella sonnecchiante giunta Solinas, che evidentemente è troppo impegnata nell’allegra distribuzione di incarichi.
Probabilmente a loro non interessa che questo sia un passaggio epocale per le sorti della nostra economia. Infatti, l’intera economia sarda è vincolata ai prezzi determinati dal trasporto delle nostre merci all’esterno e dal costo delle merci che arrivano dall’esterno.
Una maggiorazione del 25% del costo dei trasporti determinerà, con un effetto domino, sia l’impennata dei prezzi dei prodotti che importiamo, sia delle nostre merci in via di esportazione, rendendole molto meno competitive. Questo porterà a un grande aumento dei prezzi al consumo che si abbatterà sull’intera società sarda, tenuta per il collo da monopolisti a cui l’Italia affida la vita e la morte del nostro popolo.
Il produttore sardo tra venti giorni dovrà aggiungere alla mole insopportabile delle tasse, e al già esorbitante costo dei trasporti, un ulteriore meno 25%, e da ciò che rimane pagare le spese di produzione, affitti e materiali. Non si capisce cosa debba rimanere a lui per campare.
Immaginiamo poi a che cosa andranno incontro quelle aziende che hanno già stipulato contratti a medio e lungo termine, e che si ritroveranno vincolate a fornire la loro merce ad un prezzo che non potrà tenere conto di un imprevisto aumento del 25% dei trasporti.
Tutto ciò andrà a determinare il crollo del settore agricolo, già fortemente in crisi, penalizzerà mortalmente tutta l’economia legata alla produzione agropastorale, dai prodotti lattiero caseari alle ipotetiche esportazioni suinicole, qualora dovesse essere abolito l’assurdo embargo in cui la Sardegna è tenuta dalla peste suina (mentre in tutta Europa i Paesi colpiti dalla stessa malattia commerciano indisturbati).
Forse almeno questa ulteriore e insopportabile ingiustizia potrà essere l’occasione per svegliare i Sardi dal loro lungo torpore, e portarli a chiedersi se è possibile progettare un futuro dignitoso, di sviluppo e progresso, continuando ad affidare il governo dalla nostra isola ad una politica impegnata solo a tenere buoni rapporti con le centrali politiche italiane e con le lobby che stanno strangolando la Sardegna.
Non solo, questa sarà forse una buona occasione per chiederci cosa mangiamo, cosa consumiamo e quanto sia e sarà più conveniente acquistare prodotti sardi, piuttosto che i prodotti importati, pagando quindi meno costi di importazione e favorendo l’economia locale, senza costringere i produttori sardi ad esportare la maggior parte dei loro prodotti con costi elevatissimi
Liberu- Lìberos Rispetados Uguales