Mentre sui giornali si susseguono le notizie sulla povertà dilagante e mentre nelle piazze si organizzano le collette alimentari per sfamare intere famiglie, un rapporto di Mediobanca rivela la contribuzione fiscale dei principali quindici giganti del web, tra cui Google, Amazon, Microsoft, Facebook, Alibaba, Apple.
Si scopre così che questi colossi, con una crescita anche del 300% e che fatturano oltre 850 miliardi di euro a livello mondiale, pagano all’Italia una cifra ridicola. Su un fatturato solo in Italia di circa due miliardi e mezzo, queste superpotenze versano all’erario appena 64 milioni, pari a circa il 2,7% dei ricavi. Una percentuale addirittura anche minore rispetto a quella pagata nel 2017, mentre i fatturati lievitano.
L’anno scorso l’Italia varò la cosiddetta web tax nella Legge di Bilancio per il 2019, una tassa riservata a questi colossi di internet. Ma si dimenticò di emanare i decreti attuativi, dunque non entrò mai in vigore.
Ora la tassa viene inserita nella Legge di Bilancio per il 2020, ed entrerà in vigore senza decreti attuativi.
Si tratta di una tassa del 3%. Non c’è un errore, c’è scritto proprio tre per cento.
E l’ultimo comma della Legge di Bilancio spiega che, nel caso in cui subentrino accordi internazionali in materia di misure fiscali ai colossi di internet, la web tax italiana viene considerata abrogata.
La Sardegna ha tassi di disoccupazione tra i più alti dello Stato italiano. I livelli di povertà sono molto più alti della media italiana, la disoccupazione giovanile dilaga, gli stipendi medi sono molto più bassi e i trasporti sono molto più cari rispetto alla penisola. Ogni anno migliaia di giovani Sardi scappano da una terra fatta di incompiute, paesi spopolati, territori bombardati dalle esercitazioni, vaste aree inquinate e mai bonificate. Alcune ricerche affermano che le varie tassazioni a cui siamo costretti superano, in alcuni casi, la metà dei nostri guadagni, fino oltre il 60%. Decine di persone si sono suicidate per le difficoltà economiche, centinaia hanno compiuto atti di autolesionismo, migliaia soffrono di sindromi depressive, decine di migliaia scappano dalla tragica realtà vivendo sotto effetto di antidepressivi, alcol o droghe.
Centinaia di migliaia di Sardi vivono una vita profondamente infelice, sotto il tallone di un’Italia che si piega servizievole verso i colossi dell’economia e perseguita spietatamente il popolo sardo.
Come sempre debole con i forti e forte con i deboli, come diceva un rapper italiano: arroganti coi più deboli e zerbini coi potenti.
È diventata oramai una questione di vita o di morte, una priorità a cui non è più possibile derogare, quella di chiederci se ha ancora senso fare parte di uno Stato del genere.
Dobbiamo tutti chiederci se non sia arrivata l’ora di ripensare la nostra vita, il nostro futuro, il nostro diritto alla felicità. Dobbiamo lavorare alla costruzione di una Repubblica Sarda libera, capace di interpretare la nostra volontà, difendere i nostri diritti, soddisfare davvero i nostri bisogni.
Bisogni primari, non più rinviabili, non più negoziabili.
Bisogni che l’Italia ha sempre ignorato sin dal giorno in cui ci ha costretto entro i suoi confini.
Non possiamo più permetterci di perdere tempo, seguire tendenze del momento, credere a mode passeggere o imitare fenomeni politici di importazione che arrivano a cadenze periodiche dallo stivale, distraendoci dall’unica vera soluzione che può salvare le nostre vite.
Tutta la nostra energia, tutta la nostra forza deve essere diretta a organizzarci per portare la lotta di liberazione fin dentro alle istituzioni, nell’economia, nella cultura, nelle strade e nelle piazze, dentro le case, ovunque ci siano Sardi decisi a lottare, a non soccombere, a rivendicare il diritto a vivere liberi e felici su questa nostra terra.

Liberu – Lìberos Rispetados Uguales